Il mobbing rappresenta una delle problematiche più delicate e complesse nel mondo del lavoro. Ma come ci si difende?
Questo fenomeno, caratterizzato da comportamenti vessatori e persecutori nei confronti di un dipendente, può avere conseguenze devastanti sulla salute fisica e psicologica della vittima.
Ma cosa fare quando ci si trova di fronte a questa situazione, soprattutto se mancano le prove concrete? Andiamo a vederlo insieme.
Definizione e natura del mobbing
Il termine “mobbing” indica una serie sistematica di azioni ostili messe in atto da parte del datore di lavoro o dei colleghi con l’intento di isolare o emarginare un lavoratore. Queste azioni possono variare dal demansionamento ingiustificato agli insulti, dalla negazione ingiustificata delle ferie alla sovraccarica di lavoro. Il fine ultimo è quello di danneggiare la persona sia nella sua professionalità che nella sua integrità psicofisica.
Dal punto di vista legale, il mobbing viene affrontato principalmente attraverso il risarcimento dei danni subiti dalla vittima. È possibile intentare una causa civile contro l’azienda per ottenere un risarcimento che copra i danni morali, patrimoniali e alla salute. In casi eccezionali, quando il datore è in contatto diretto e quotidiano con i dipendenti in ambienti lavorativi ristretti, il mobbing può configurarsi come reato specifico.
La dimostrazione del mobbing rappresenta uno degli aspetti più complessi per la vittima. La Cassazione ha tuttavia chiarito che è possibile utilizzare ogni tipo di prova: dalle comunicazioni scritte (email, sms) alle testimonianze dirette (colleghi o clienti), fino a registrazioni audio o video che possano attestare le condotte persecutorie subite.
È importante distinguere tra “mobbing” e “straining”. Quest’ultimo termine si riferisce a situazioni lavorative altamente stressanti ma non necessariamente caratterizzate dall’intento persecutorio tipico del mobbing. Dimostrare lo straining risulta quindi più semplice poiché non richiede la prova dell’elemento soggettivo.
In assenza di prove concrete sulle condotte vessatorie subite, la Cassazione ha stabilito che basta denunciare al giudice le condotte illecite senza dover necessariamente qualificarle come “mobbing”. Sarà poi compito della corte valutare le circostanze presentate per determinarne l’inquadramento giuridico corretto.
Infine, è fondamentale ricordarsi che nessun lavoratore dovrebbe essere licenziato a causa delle malattie contratte a seguito delle vessazioni subite sul posto di lavoro. La legge tutela infatti la salute dei dipendenti imponendo ai datori un obbligo specifico: quello della prevenzione contro ogni forma di danno psicofisico derivante dall’ambiente lavorativo.