In un’epoca in cui la sicurezza dei beni personali è sempre più al centro delle preoccupazioni dei cittadini, le casseforti bancarie rappresentano una soluzione diffusa per la custodia di oggetti di valore.
Le banche moderne sono dotate di sofisticati sistemi di sicurezza. Tra telecamere di sorveglianza ad alta risoluzione, sistemi di allarme avanzati e personale di sicurezza addestrato, la probabilità di una rapina riuscita è notevolmente diminuita.
Cosa accade, però, quando questi scrigni blindati vengono violati? La recente ordinanza della Cassazione n. 17207/2024 getta luce su questa problematica, delineando i contorni del risarcimento dovuto ai danneggiati.
Le clausole del contratto con la banca
Il primo aspetto da considerare è il contratto stipulato con l’istituto bancario, che spesso prevede un massimale di risarcimento. Questo significa che il cliente assume a proprio rischio e pericolo la decisione di conservare nella cassetta beni dal valore superiore al limite stabilito. Nonostante ciò, esistono delle eccezioni legate alla responsabilità dell’istituto: qualora il furto avvenga a causa di dolo o colpa grave da parte della banca, ogni clausola che limiti il risarcimento diventa nulla.
Uno degli ostacoli maggiormente rilevanti nella determinazione del risarcimento è rappresentato dalla necessità per il titolare della cassetta di dimostrare effettivamente il valore dei beni sottratti. Senza adeguata documentazione (certificati di autenticità, ricevute d’acquisto ecc.), si rende difficile stabilire l’esatta entità del danno subito. In questi casi, può intervenire una valutazione equitativa da parte del giudice.
Nel caso specifico preso in esame dalla Corte d’Appello e successivamente dalla Cassazione, emerge chiaramente come le clausole contrattuali limitative della responsabilità bancaria siano state giudicate in contrasto con i principi normativi vigenti. La banca non ha saputo dimostrare adeguatamente l’impossibilità di evitare il furto attraverso misure preventive efficaci e non ha fornito spiegazioni sufficientemente convincenti sulla presunta inevitabilità dell’accaduto.
Di fronte alla mancanza di prove concrete sul valore dei beni rubati fornite dal cliente, la liquidazione del danno è stata affidata a una valutazione equitativa da parte dei giudici. E’ stato applicato, infatti, un abbattimento sul valore stimato dal cliente stesso.
Questo caso mette in evidenza le complessità legate alla determinazione dei risarcimenti per i furti nelle casseforti bancarie e sottolinea l’importanza per i clienti di documentare adeguatamente i contenuti delle proprie cassette di sicurezza. Allo stesso tempo, evidenzia le responsabilità degli istituti bancari nella gestione della sicurezza e nel trattamento delle richieste di indennizzo post-rapina o furto.