Usare il proprio abbonamento per far vedere la partita agli altri? Al limite della legalità

Utilizzare l’abbonamento di un’altra persona o prestare il proprio per eventi sportivi potrebbe portare a gravi conseguenze.

In un’epoca in cui la fruizione dei contenuti televisivi è sempre più regolamentata da diritti e abbonamenti, una domanda sorge spontanea tra gli appassionati di sport e non solo: è reato portare il proprio decoder in un circolo privato per godersi una partita con gli amici?

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Far vedere la partita ad un amico con il nostro account, è legale? – Giustiziabrescia.it

La questione, apparentemente banale, nasconde sfaccettature legali non indifferenti che meritano di essere analizzate. Andiamo a vederle insieme.

Il caso esaminato e la posizione del TAR

Un gruppo di amici decide di organizzare una visione collettiva di una partita di calcio protetta da diritti TV in un circolo privato. La sorpresa per uno dei membri si trasforma però in un episodio spiacevole quando, poco prima del fischio finale, la Guardia di Finanza fa irruzione nel locale interrompendo la trasmissione. Secondo le forze dell’ordine, utilizzare un decoder privato per guardare insieme ad altri una partita all’interno di un circolo sarebbe illegittimo.

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Vedere la partita tra amici sarebbe illegittimo – Giustiziabrescia.it

Di fronte a tale situazione, i giudici del TAR hanno fornito chiarimenti importanti. L’articolo 171-ter della Legge n. 633 del 1941 punisce chiunque utilizzi contenuti criptati ricevuti tramite apparati decodificatori a fini non personali e con scopo di lucro senza aver stipulato accordi con il distributore legittimo. L’elemento cruciale affinché si configuri il reato è proprio il fine di lucro.

Nel caso specifico analizzato dai giudici, emerge chiaramente come l’intento degli amici fosse semplicemente quello di godersi insieme lo spettacolo sportivo senza alcuna finalità commerciale. Non vi era alcuna prova che il gestore del circolo avesse pubblicizzato l’evento o che avesse cercato in qualche modo di trarne profitto economico attirando più clientela o richiedendo un pagamento per la visione della partita.

Alla luce delle evidenze raccolte durante l’accertamento, pochi avventori presenti nel locale e assenza totale sia di pubblicità dell’evento sia della richiesta di biglietti d’ingresso, i giudici hanno concluso che non vi fossero le condizioni perché si potesse parlare effettivamente di reato. Il fatto stesso quindi non costituisce violazione delle normative vigenti relative alla diffusione dei contenuti televisivi criptati.

Questo episodio serve da monito sulla necessità di comprendere appieno le leggi che regolamentano la fruizione dei contenuti mediatici criptati e sottolinea come l’intento ludico e conviviale debba essere nettamente separato dalle pratiche commerciali improprie che mirano al guadagno attraverso l’utilizzo indebito degli stessi contenuti.