Il dibattito sull’accoglienza dei bambini nei ristoranti è un argomento sempre attuale e fonte di discussioni.
Recentemente, alcuni casi hanno alimentato ulteriormente la discussione, come quello di un ristoratore spagnolo che ha imposto restrizioni ai minori di 12 anni e un hotel di lusso a Taormina che ha chiesto a una famiglia con passeggino di lasciare il locale.
Ma cosa dice la legge in proposito? L’avvocato Elia Ceriani ci offre delle risposte chiare. Andiamo a vederle insieme.
Vietare l’ingesso ai bambini nei locali pubblici: si può?
Secondo l’avvocato Ceriani, vietare l’ingresso ai bambini in un ristorante non è conforme alla legge italiana. “Come non si può negare l’accesso per motivi legati all’abbigliamento, allo stesso modo non si può fare per questioni d’età”, spiega Ceriani. In caso di diniego, i genitori possono richiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine che potrebbero sanzionare il titolare del locale con multe significative.
Un punto cruciale sollevato dall’avvocato riguarda il dovere dei locali pubblici, come bar e ristoranti, di accogliere tutti i clienti senza discriminazioni. Questa responsabilità deriva dall’articolo 187 del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza che considera i servizi offerti dai locali pubblici come essenziali. L’unica restrizione ammissibile riguarda la vendita degli alcolici ai minori di 18 anni.
Sul fronte dei cosiddetti “ristoranti childfree”, ovvero quegli esercizi che dichiarano esplicitamente sul proprio sito web o attraverso altri canali comunicativi i loro servizi come non disponibili per bambini sotto una certa età, Ceriani è categorico: “Non è legale in Italia”. Tuttavia, le raccomandazioni relative all’età sono da intendersi più come suggerimenti basati sul buon senso piuttosto che vere e proprie regole vincolanti.
Esistono situazioni in cui un gestore può giustificatamente chiedere a una famiglia con bambini di lasciare il locale? Secondo Ceriani sì, ma solo se il comportamento del minore causa danneggiamenti o disturbo significativo agli altri clienti o al personale. Esempi possono includere correre tra i tavoli o urlare incessantemente. In questi casi, però, è importante ricordarsi che sia i diritti sia i doveri sono applicabili ad entrambe le parti: clientela e gestori.
La normativa italiana sembra propendere fortemente verso l’inclusività e contro qualsiasi forma discriminatoria basata sull’età nel contesto della fruizione dei servizi pubblicamente disponibili.