Un evento non così raro e che necessita di essere conosciuto. Licenziamento per superamento del comporto: cos’è e da cosa è regolamentato
Il licenziamento per superamento del comporto deve essere motivato? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 27768 del 2 ottobre 2023) ha gettato nuova luce sul tema del licenziamento per superamento del periodo di comporto, un argomento che suscita sempre grande interesse nel mondo del lavoro. Secondo la normativa vigente, in particolare l’art. 2 della legge n. 604/1966 come modificata dall’art. 2 della legge n. 108/1990, il licenziamento deve essere sempre motivato dettagliatamente dal datore di lavoro.
Tuttavia, nel caso specifico del licenziamento per superamento del periodo di comporto, emerge una distinzione importante: il datore di lavoro non è tenuto a indicare i giorni di assenza se non su esplicita richiesta del dipendente. Questa disposizione mira a garantire al lavoratore la possibilità di difendersi adeguatamente.
La vicenda esaminata dalla Corte. La Corte ha analizzato un caso emblematico in cui due lavoratori sono stati licenziati: uno per ragioni disciplinari e l’altro appunto per aver superato il periodo di comporto consentito. Entrambi i licenziamenti sono stati successivamente annullati a causa di irregolarità procedurali.
Per quanto riguarda il licenziamento disciplinare, si è rilevata la mancata osservanza delle procedure specifiche previste nel settore autoferrotranvieri, che richiedono una contestazione preliminare delle mancanze e una valutazione separata.
Nel caso invece relativo al superamento del periodo di comporto, le motivazioni fornite dal datore erano state giudicate troppo generiche e indeterminate dalla Corte d’appello, soprattutto perché non erano state indicate le giornate precise di assenza nonostante la richiesta esplicita da parte dell’impiegato.
La decisione della Cassazione stabilisce un principio chiarificatore: se l’atto di licenziamento omette le specifiche relative alle assenze che hanno condotto al superamento del periodo consentito, il lavoratore ha pienamente diritto a richiederle dettagliatamente al datore. In mancanza di risposta soddisfacente da parte dello stesso datore, il provvedimento viene considerato illegittimo.
Questa posizione sottolinea con forza l’esigenza che le procedure vengano seguite scrupolosamente e che le motivazioni alla base dei provvedimenti adottati siano sempre esplicite e dettagliate.
Immodificabilità delle ragioni comunicate come motivo. Un ulteriore aspetto rilevante emerso dalle decisioni della Cassazione concerne la regola dell’immodificabilità delle ragioni addotte come fondamentali nella comunicazione dell’atto stesso; ciò garantisce al lavoratore la possibilità concreta di opporsi efficacemente all’atto qualora lo ritenga ingiusto o infondato.
In conclusione, attraversando i meandri giuridici relativi al delicato tema dei licenziamenti per cause legate all’assenteismo prolungato dei dipendenti oltre i limiti concessi dal cosiddetto “period of grace” o “period of conduct”, emerge chiaramente quanto sia cruciale operare con trasparenza e precisione sia nella fase comunicativa sia in quella procedurale.
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