È importante sapere cosa fare se si nota muffa e si vive in una casa in affitto, ecco come agire se il proprietario non fa niente.
Non tutti amano l’idea di vivere in una casa in affitto, ma per alcuni può essere una necessità. In genere, infatti, il mutuo per acquistarla viene concesso esclusivamente a chi ha un contratto a tempo indeterminato, situazione purtroppo sempre più rara nel nostro Paese, a volte invece ci si trova a stare in una città solo per un periodo, come accade a chi si sposta per motivi di lavoro, per questo può essere l’unica soluzione percorribile.
Inevitabilmente, come si può immaginare ci sono dei limiti da non superare, ben sapendo come la soluzione possa essere gestita come meglio crede dal proprietario. Non significa evidentemente arrivare sempre allo scontro, ma è importante comunque saper tutelare i propri diritti e farli valere quando necessario, specie se restare nell’abitazione può mettere a rischio la salute degli occupanti.
Ritrovarsi con la presenza di muffa in uno o più locali della propria abitazione non è certamente piacevole, soprattutto perché se la quantità è eccessiva si mette a rischio la salute di tutti. Questa appare evidente quando muri e pareti diventano di colore grigio-nero, oltre ad avere un cattivo odore, ed è generata dall’eccessiva umidità.
Si tratta di una soluzione che non comporta rischi se le macchie vengono rimosse subito, qualora invece questo non avvenisse e l’area interessata dovesse aumentare si verifica il rilancio di spore e altre sostanze tossiche, le micotossine. Questo può causare a lungo andare difficoltà respiratorie, asma, rinite e bronchite (specie nei soggetti che ne sono già affetti) e irritazione delle mucose.
Agire in tempi rapidi è quindi determinante, ma non è detto che questo avvenga se si vive in una casa in affitto e il proprietario decide di ignorare ogni sollecitazione. Questo è un dettaglio di non poco conto, visto che il proprietario deve consegnare l’immobile in buono stato all’inquilino, ma anche fare il possibile affinché risulti tale, quindi attraverso la manutenzione ordinaria e straordinaria.
Se i suoi diritti non dovessero essere rispettati, è possibile agire in Tribunale e chiedere un risarcimento per danno alla salute e ottenere una riduzione del canone fino a che siano ripristinate le condizioni abitative migliori. Si può arrivare ad autoridurre o sospendere il pagamento del canone, senza attendere l’intervento del giudice, solo nei casi più gravi. A quel punto si può interrompere il contratto in essere per giusta causa, con un preavviso di sei mesi.
In alcuni casi però il problema può essere dovuto a danni riscontrati dalle tubature condominiali o dai vicini di casa. In questa circostanza si deve applicare il principio di responsabilità solidale, per questo i soggetti sono tenuti a indennizzare il conduttore. È comunque possibile anche chiedere una rivalsa al padrone di casa che può chiedere a sua volta un risarcimento a chi è responsabile.
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