Ci sono casi in cui si può essere costretti a restituire la pensione: quando succede e quali sono gli errori da non fare.
Andare in pensione il prima possibile percependo un assegno mensile dignitoso è l’obiettivo di milioni e milioni di lavoratori italiani. Talvolta però il desiderio di sospendere l’attività lavorativa per ottenere la pensione si affianca al desiderio di continuare saltuariamente a lavorare, magari per integrare le entrate piuttosto scarse relative all’assegno pensionistico.
Questa scelta però, cioè quella di continuare a lavorare in forma diversa pur percependo la pensione, può comportare dei seri problemi e ingenti perdite di denaro nel caso in cui il lavoratore abbia deciso di usufruire della possibilità di andare in pensione anticipata.
Secondo le norme in vigore nel 2023, i lavoratori disoccupati o con problemi di salute potevano chiedere il pensionamento anticipato a partire dai 63 anni di età. Nel 2024 l’APE sociale è ancora in vigore, tuttavia sono cambiati i requisiti necessari per ottenerla. Attualmente è possibile il pensionamento in anticipato a 63 anni e 5 mesi avendo accumulato 38 anni di contributi.
Va specificato che nei prossimi anni i requisiti potrebbero essere modificati dal legislatore divenendo ancora più stringenti oppure la misura potrebbe non essere più in vigore. Il consiglio quindi per i lavoratori che si trovano oggi a possedere i requisiti richiesti è di approfittarne subito. Similmente a chi raggiungeva la quota 103 nel 2024, chi percepisce l’APE sociale non può continuare a lavorare con un contratto da dipendente, né a tempo determinato né a tempo indeterminato.
L’unica modalità di lavoro ammessa in questo periodo è il lavoro autonomo occasionale, a patto però che il pensionato raggiunga solo un reddito pari o inferiore ai 5.000 euro annui al di fuori dell’assegno pensionistico. Se il pensionato dovesse arrivare a percepire un reddito annuo più alto, l’INPS procederà a chiedere la restituzione della pensione fino a quel momento percepita.
Il discorso cambia invece nel momento in cui si supera l’età della pensione anticipata raggiungendo l’età del normale pensionamento. In questo caso si potrà continuare a svolgere il proprio lavoro autonomo anche superando la soglia dei 5.000 euro, senza che questo entri in conflitto con il percepimento dell’assegno pensionistico. Naturalmente sarà necessaria l’apertura di una Partita IVA con un regime adeguato all’attività svolta e alla soglia di reddito annuo raggiunta. Nel caso dei percettori dell’APE sociale con un reddito inferiore ai 5.000 Euro, invece, non è necessario aprire una partita IVA e si potrà lavorare in ritenuta d’acconto.
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